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lunedì 3 dicembre 2012

Lo Zen e il Tiro con l'Arco - Eugen Herrigel


Un brano tratto da Lo zen e il tiro con l’arco del filosofo tedesco Eugen Herrigel, che praticò il kyūdō, durante il suo soggiorno in Giappone. 

Il Kyudo ( la Via dell’Arco) tradizionale non vede nel tiro dell'arciere unicamente una azione delle mani che aprono l’arco fino al punto in cui la corda vibra per far partire la freccia; piuttosto viene vissuto come esperienza globale che coinvolge corpo, spirito e mente. 

Se, continuando a respirare tranquillamente, si accoglie con serenità ciò che si presenta, ci si abitua ad assistervi da semplici spettatori, sino a che si è finalmente stanchi dello spettacolo.
Così si giunge gradatamente a uno stato d'abbandono che somiglia a quel dormiveglia che precede il sonno.
Scivolarvi definitivamente è il pericolo che bisogna evitare. 
Lo si affronta con un particolare scatto della concentrazione, paragonabile al riscuotersi di uno che, sfinito da una notte di veglia, sa che dalla vigilanza di tutti i suoi sensi dipende la sua vita; e se tale scatto è riuscito anche una volta sola, si riuscirà sicuramente a ripeterlo.

Per esso l'anima, come da sola, si ritrova quasi a librare entro se stessa, una condizione che, capace di crescere d'intensità, si solleva addirittura a quel senso d'incredibile leggerezza, sperimentato solo in rari sogni, e di felice certezza di poter destare energie rivolte in ogni direzione e di saperle accrescere o sciogliere a ogni livello.
Questo stato, in cui non si pensa, non ci si propone, non si persegue, non si desidera né si attende più nulla di definito, che non tende verso nessuna particolare direzione ma che per la sua forza indivisa sa di essere capace del possibile come dell'impossibile - questo stato interamente libero da intenzioni, dall'Io, il Maestro lo chiama propriamente «spirituale». 
È infatti saturo di vigilanza spirituale e perciò viene anche chiamato «vera presenza dello spirito». 
Con questo s'intende che lo spirito è presente dappertutto perché non si appende a nessun luogo particolare. E può restare presente perché anche quando si rivolge a questo o a quello non vi si attaccherà con la riflessione e non perderà così la sua originaria mobilità. Simile all'acqua che riempie uno stagno ma è sempre pronta a defluirne, lo spirito può ogni volta agire con la sua inesauribile forza, perché è libero, e aprirsi a tutto perché è vuoto.

Tale condizione è veramente una condizione originaria e il suo emblema, un cerchio vuoto, non è muto per colui che vi sta dentro.
È perciò con questa presenza e piena potenza del suo spirito non turbato da intenzioni, e fossero le più nascoste, che l'uomo che si è svincolato da tutti i legami deve esercitare qualsiasi arte”.

4 commenti:

  1. Il Kiudo, una delle arti più raffinate in Giappone.
    La freccia fa centro ancora prima che si attui il movimento della scocca.....
    Buona serata gentile amica!

    RispondiElimina
  2. Noi occidentali arriviamo difficilmente al grado di concentrazione e di meditazione che riescono a raggiungere gli adepti di certe dottrine orientali.
    Ciao buona giornata, un abbraccio
    enrico

    RispondiElimina
  3. Verissimo.
    C'è tutta una filosofia e uno stile di vita dietro queste discipline.

    Buona serata anche a voi!

    RispondiElimina
  4. Questi concetti richiedono una formazione culturale che in genere non ci appartiene. E diventa difficile assorbirli e farli nostri.

    RispondiElimina

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