I Pastori
Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natía
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh’esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.
Ah perché non son io co’ miei pastori?
Questa poesia mi é sempre stata cara!
RispondiEliminaQuesta poesia, sai, credo di averla studiata la prima volta ancora mentre frequentavo la media inferiore per riprenderla poi al liceo. Anche a me è sempre stata cara e ancora la posso recitare a memoria, almeno la prima parte.
RispondiEliminaOttima idea la tua. Pensa che anch'io avevo in mente di pubblicarla ai primi di settembre poi non ci sono più riuscita.
Una delle poesie che credo tutti abbiamo studiato a scuola e che ricordiamo ancora oggi piacevolmente.
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