Maggio
Era di maggio.
Il pomeriggio afoso
sembrava interminabile.
La terra riarsa
si spaccava nel gran caldo, assetata.
Dalla riva del fiume udii una voce
che gridava: “Vieni, tesoro mio”.
Chiusi il libro e aprii la finestra
per guardare fuori.
Vidi presso il fiume un grande bufalo,
coperto di fango,
che guardava in giro
con occhi placidi e pazienti;
con occhi placidi e pazienti;
un ragazzo, nell’acqua fino al ginocchio,
lo chiamava per farlo bagnare.
Sorrisi compiacente
ed ebbi un senso di dolcezza
che m’invase il cuore.
Il senso di dolcezza questa poesia lo ha trasmesso anche a me.
RispondiEliminaUn abbraccio :)
Sono un estimatore di Tagore ma non conoscevo questi versi che mi piacciono molto.
RispondiEliminaCiao Lucia buona giornata, un abbraccio.
enrico
Bellissima questa posia!
RispondiEliminaGuarda che Google mi ha combinato un assurdo pasticcio e il tuo bel commento sul racconto non c'è più, in ogni caso ti ringrazio per averlo letto!
Un abbraccio
Tanta tenerezza in questi versi del poeta indiano Tagore.
RispondiElimina@Melinda Mi dispiace per la confusione, comunque molto bello il racconto, sembra trasportarti in un altra dimensione magica.
@Xavier ed @Enrico Buon week-end!
Quale sincero, magico amore per la natura!
RispondiEliminaMolto bella e delicata!
RispondiEliminaUn abbraccio